Mi è sempre piaciuta La Plumeria (o Frangipani) però guardandola è inevitabile farsi venire in mente l’immagine inflazionata di paradisi esotici, corone di fiori e ghirlande intorno al collo. Siamo talmente bersagliati da stimoli visivi che lasciarsene condizionare diventa inevitabile. Sotto la luna piena osservo i fiori di questa mia bella pianta; oggi mi ha regalato una vera e propria esplosione floreale dopo essersi presa un anno sabbatico lasciandomi ad attendere invano, per tutta l’estate, almeno un bocciolo; ora che l’attesa è abbondantemente ripagata mi godo la sua festa di colori. Intanto ha iniziato a piovere, un sollievo per me e per la mia Plumeria assetata. Grosse gocce vestono i petali carnosi e solari, affondo ad occhi chiusi il naso in quel minuscolo universo di sensazioni. “Quanta vita in quel piccolo cuore, vero?” sussurra il mio odierno onirico compagno di viaggio “Anch’ io ho amato subito quei fiori sai? Ah! se ci ripenso, sbarcando da quella nave, fu come immergersi nella vita stessa. Tutto così lontano dalla Parigi in fermento. Tutto così diverso e allo stesso tempo familiare”. Rimango ad occhi chiusi, sono consapevole che aprendoli questa magia svanirebbe e non capita tutti i giorni di fare quattro chiacchiere con un artista arrivato dritto dritto da un’altra dimensione. Non perderei questo momento surreale con Gauguin per niente al mondo e allora… che il viaggio abbia inizio! L’ultimo decennio dell’800 strizzava l’occhio al secolo prossimo a venire quando l’artista decise di “ritrovarsi” altrove, lontano, in un mondo che nulla aveva a che vedere con l’Europa, una vecchia signora in pieno ribollire artistico e culturale. “Non aveva più nulla da darmi” mi dice mentre sembra avermi letto nel pensiero “si era presa tutto di me e io tutto di lei, ci eravamo esauriti a vicenda”. Non mi è difficile immaginare quell’uomo pieno di voglia di rinascere, mentre sbarca a Papeete. “Seguimi” mi dice. Gli occhi restano chiusi, mentre i piedi poggiano sul legno del ponte di una nave; è la mia mente a vedere per me, a portarmi in un giorno di fine giugno del 1891. “Hai mai visto e sentito niente di simile?” il pittore è entusiasta come un bambino in un negozio di caramelle mentre, affacciato sul parapetto del ponte, freme nell’attesa che la nave attracchi finalmente al porto. Il mare ha i colori di uno smeraldo lasciato a splendere al sole, enormi nuvole bianche corrono lungo un azzurro puro. Finalmente scendiamo a terra. Quei profumi, quei colori, quei corpi color ambra svelati da vesti leggere, hanno già catturato l’artista. “Dovevo andarmene per ritrovarmi, adesso sono a casa” me lo dice con un filo di voce dalla quale traspare il sollievo di chi si è davvero ritrovato. Mi fa un cenno con la mano mentre si allontana. Non vorrei aprire gli occhi, vorrei continuare a seguire quell’artista e conoscere l’uomo che è stato, ma il mio posto è altrove, in un altro tempo, sotto una nuova luna che mi guarda serena illuminando il mio piccolo fiore di Plumeria.

Paul Gauguin, Ritratto dell’artista con il Cristo giallo, 1889
Fiore di Frangipane