L'informazione fuori dalle righe

L’ultimo addio

“Se solo voi sapeste.

Se solo sentiste.

Se aveste visto

le mani mie tese,

gli occhi miei colmi,

il labbro mio tremare.

Ma destino umano è quello d’essere estraneo fra i fratelli,

in un continuo anelito d’amore.”

Il male di vivere è un compagno silenzioso che si insinua nelle vite e ci porta dove vuole. Il grido disperato muore in gola e inizia una discesa inesorabile in un buio senza fine. Vorresti fare, vorresti dire ma tutto muore nell’impotenza di un qualsiasi gesto. Perché non si è più padroni del proprio corpo o della propria volontà. Quando arriva nella tua vita quasi ti vergogni perché fra tutti i mali è il meno riconosciuto. All’apparenza sei in forma, ridi, dialoghi ma in verità non ci sei. Il tuo interlocutore non sentirà la tua richiesta d’aiuto perché non hai un braccio rotto o non sei ricoverato in ospedale o al più ti dirà “reagisci, sei forte”: non c’è frase peggiore che il depresso possa sentirsi dire. Così cominci irrimediabilmente a chiuderti, a rifugiati in quella tana che diventa al tempo stesso prigione e culla confortevole.

Se rimane un barlume di anelito vitale si può correre ai ripari cercando l’aiuto di un professionista, sempre che si riesca a varcare la soglia della diffidenza e della chiusura nel ricorrere ad un terapista.

Di tutti gli aspetti negativi che i rapporti umani possono avere a mio avviso l’indifferenza e l’incapacità di ascoltare davvero l’altro è il peggiore.

Non punto il dito perché spesso è difficile capire fra le righe, presi come siamo dai nostri problemi e da una vita sempre di corsa.

Io per prima non ho capito l’ultimo grido d’aiuto di una cara amica e ne porterò il fardello finché vivrò.

Ecco a mio giudizio l’aspetto più devastante dell’attuale società è proprio questo: il male di vivere incompreso.

E’ bene dunque non sottovalutare mai la sofferenza dell’altro perché come scrisse Seneca “Lieve è il dolore che parla. Il grande dolore è muto.”

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