Natale è appena passato. L’aria è carica di festa. Si fanno bilanci e buoni propositi per l’anno che verrà. Filippo i suoi propositi per l’anno nuovo li ha appena messi in atto. Nella stanza accanto, in un angolo e con il volto disfatto, c’è la sua fidanzata. Sì, poco importa che il fidanzamento sia stato rotto perché né lei né la sua famiglia intendono avere a che fare con un delinquente. La famiglia di Filippo è potente. La famiglia di Filippo ti rovina se le dici di no. La famiglia di Filippo la parolina “no” non vuole nemmeno sentirla nominare. Nemmeno Filippo vuole sentirsi dire di no, tanto meno da quella ragazza e da quei bifolchi dei suoi genitori. Filippo ha un cognome che evoca dolcezza e suoni armoniosi: Melodia. In quella stanza ci sono soltanto grida, singhiozzi e il tonfo delle botte. Non c’è melodia in uno stupro, non c’è armonia, soltanto buio e sangue. Filippo si è preso quello che voleva e la sua “fidanzata”, se lo desidera, una cosa potrà riaverla: l’onore. Un bel matrimonio riparatore cancellerà l’accusa di stupro per lui e il disonore per lei. Che il futuro della sposina sia costellato di violenze e umiliazioni non interessa a nessuno. Siamo a metà degli anni Sessanta, in una piccola cittadina della Sicilia, chi vuoi che si opponga a questa meravigliosa invenzione che sono le nozze riparatrici? E poi, dopo otto giorni passati sotto lo stesso tetto con un uomo, l’onore della ragazza sarebbe comunque buttato alle ortiche anche se avessero impiegato il tempo a guardarsi negli occhi. Filippo ride. Ha avuto la sua vendetta. I bifolchi non si erano arresi nemmeno dopo che la vigna era stata data alle fiamme. Idioti! Ma adesso sì, hanno accettato di incontrare la famiglia per prendere accordi in merito al matrimonio. Marito e moglie alla fine hanno capitolato! L’anno nuovo è sempre foriero di novità. Filippo non ride più. La polizia ha fatto irruzione in casa sua, lo ha appena dichiarato in arresto. Sarà solo una formalità…o forse no? Lo portano via e portano via anche la ragazza, ma verso strade differenti. I genitori della “fidanzata” hanno solo finto di piegare il capo. I due contadini, gente semplice ma con una dignità grande come il mondo e un amore per la figlia ancora più grande e non in vendita. “Io non sono proprietà di nessuno” dice la ragazza, una ragazza con un nome che è tutto un presagio, significa “persona libera”, quella giovane donna si chiama Franca. Quella donna è Franca Viola. Il disonore e la vergogna nelle sue parole? “…l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce”. L’appoggio della famiglia, il coraggio di dire “no” ad una società retrograda che solo sedici anni dopo abrogherà l’art. 544 del Codice Rocco. La lotta in una Italia che non si aspettava un simile colpo di scena e non avrebbe mai pensato di ricevere il primo di tanti “no”, quei “no” che aiutano una società a crescere. Grazie Franca, a nome di tutte noi.
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Mi chiamo Barbara, diplomata in pittura all’Accademia di Belle Arti di Perugia, sono da sempre appassionata di Arte e Antiquariato. Amo associare l’idea di viaggio a quella di immersione nell’arte, ritenendo il mondo un prezioso scrigno colmo di tesori. La scrittura di racconti e la compagnia dei libri sono la mia vita ed è a loro che mi dedico con passione perché, citando Umberto Eco, “chi legge avrà vissuto 5000 anni, c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito…perché la lettura è un’immortalità all’indietro”.