Proprio sicuri che le lettere d’amore, dalla missiva all’epistola alla più recente pronipote e-mail, siano la ciliegina sulla torta del sentimento, come “corrispondenza d’amorosi sensi”? La curatrice del libro, Jill Dawson, è attenta alle differenze, più che alle omologazioni. L’amore, certo, unisce. L’intelletto però divide, e come lei, gioca alle categorie: invito, dichiarazione, adulazione, tentazione e frustrazione, consumazione, rifiuto, desolazione e celebrazione. Questi i capitoli che scandiscono il volume. Questi, in fondo, i tempi dell’amore, i suoi possibili atti. Perché il sentimento a due non è mai un cielo terso, o quantomeno non sempre. Vive le sue stagioni, che non hanno a che fare con le cronologie o le età: vive anarchico il suo bello e cattivo tempo.

Quando il cuore respira sulla carta, per parafrasare Mary, moglie del celebre William Wordsworth, allora la riconosci, quella è una lettera d’amore, a prescindere dalla categoria a cui appartiene.  Oppure una lettera non è che un bacio di carta, che non vale uno sulle labbra, diremmo interpretando il pensiero di Jane Welsh Carlyle. Disprezzate, inviate, ritrovate e lette, sono pezzi di storia. Testimonianze di vite illustri e particolari. E insieme, aneliti e speranze, spesso infondate, di sentimento, richieste d’attenzione, illusione di catene invisibili tra cuore e cuore: roba di tutti insomma, universale sentire dell’essere umano, uomo o donna che sia. Trappole ben funzionanti, surrogato di vita. Oggi quel respiro profondo del cuore si è interrotto, è diventato semmai il singhiozzo di conversazioni brevi in chat, che meno regalano e più pretendono: risposte immediate, esserci sempre, duelli dialettici in luogo di doni gratuiti. Oggi che la relazione è spesso un virtuale teatro di guerra, basato sulla forza delle argomentazioni, sugli appuntamenti in internet e sulle comunicazioni a distanza, sembrano profetiche le parole di Clara Clairmont che nel 1815 scriveva al suo Lord Byron “si possono dire e fare così tante cose in un breve incontro che la scrittura non può attuare”. “Ho perso il mio potere sulle parole”, dice Mary Meigs, sopraffatta dal sentimento; lei, affascinata dalla bella amante che fatalmente, le parole, le soggioga. Eppure non sono forse questo le lettere d’amore? Una bella prova della capacità dell’arte, della mente, dell’inchiostro impulsivo, di incantare i demoni del cuore, metterli a tacere, tenerli a bada nel difficile tempo dell’assenza? Quel sentimento diradato, impalpabile, contrastato o non corrisposto, proprio nell’assenza, si fa parola, segno indelebile della sua verità, e racconta, nel magico gioco ad incastro della coppia, le sue difficoltà, le sue incongruenze, i suoi desideri inappagati dalla realtà.

Le più belle lettere d’amore, a cura di Jill Dawson.