Dalle regole del gioco esistenziale alle stelle interlocutrici notturne, dalle oscillazioni del M’ama o non M’ama di una margherita spumosa tra le mani delle correnti ai binari di Auschwitz che intrecciano e scindono destini. E intanto tempeste simboliche, lamenti d’uccelli, distillati amari d’agrumi succosi, partenze e ritorni metaforici nello scenario emotivo delle danze e fughe del cuore che nessun capace taccuino basterà mai a contenere.     

La contaminazione dei generi è una possibilità prolifica. La utilizza sapientemente Eugenio Patanè, attore, regista e poeta, a partire dal titolo del suo primo libro di poesie “Birifrangenze” e ci trasporta, come in un viaggio della fantasia allucinata, verso orizzonti preclusi al mondo letterario, in cui un raggio di luce può scindersi e imboccare due strade diverse, come rivela la Fisica. E così i suoi versi, come una ragnatela, complessa e delicata, intrappolano dualismi irrisolti, oggetti trasfigurati in metafore, parole in idee. Viaggiamo, leggendo, oltre gli scenari narrati, consci che il mare, pur esplodendo nella sua bellezza sensibile, terrena e godibile, è altrettanto affascinante come simbolo di infinità sfuggente, in cui idealmente risiedono le assenze, e le temporalità in contrasto con l’oggi. Ogni elemento della natura, anzi, sembra comunicare al poeta, in un linguaggio più alto di quello ordinario, segreti incomprensibili alla logica umana; al lettore che si metta in ascolto resta il sorriso di un’emozione impressa, e quel solletico alla ragione che l’autore è in grado di produrre, destinato a tratti a rimanere inappagato, perché forse al silenzio Eugenio Patanè consegna il messaggio più alto, all’ordine non casuale imposto ai suoi versi, al codice sotterraneo intarsiato di numeri, simboli, e giochi di parole che configurano una trama nascosta dietro la comunicazione manifesta dell’espressione linguistica. Birifrangente è l’amore, secondo la filosofia dei versi. Così il sentimento, come un raggio rifratto completa la missione dell’Essere, diversificandosi e rimanendo al tempo uno con quello riflesso, sua fonte. E non è forse questo l’amore, ci chiediamo godendo al palato del retrogusto dolce dei versi, quella luce che si avventura in mille strade senza mai perdere la forza della sua identità unitaria? Quell’infinita distesa azzurra che si scinde mormorando per poi ricomporsi?  L’amore è un’onda. Un’onda luminosa. Immergersi nell’universo simbolico di “Birifrangenze” significa respirare, in apnea, un mondo che ostenta fiero la propria bellezza, e la offre agli occhi di chi sa catturarla, significa evadere attraverso il mondo ordinario dal mondo ordinario, scoprendone le porte segrete che dall’apparente scissione conducono alla fonte, all’origine, al senso. Un’essenza che può solo essere indicata, non detta, e che l’autore ci mostra con mille accorti strumenti letterari, chiedendoci non di capire, ma di farne esperienza.