Miss Follia, con una punta di adulazione, si presenta: nessuna cosa nobile è in fondo possibile in sua assenza. L’amor proprio è follia necessaria, e strumento di successo. Così negli eccessi del suo dire e fare, si sfiora il paradosso. Ma non importa: l’equilibrio non si addice alla follia. E nemmeno all’esistenza. La sapienza? Un ostacolo a condurre in porto le faccende pratiche!

La filosofia? Un malanno che la natura impedisce si diffonda tra gli uomini.

La vita umana? Un gioco della Follia.

La spaccatura è netta: natura e cultura. E in mezzo, un mare di false credenze a confondere le acque. Da una parte Erasmo descrive un mondo che trabocca di follia, generatrice d’esistenza, e avversa la saggezza, dall’altra il cupo regno dei filosofi, inadeguati e rigidi in una vita che non li accoglie.  Se si vuol vivere da “uomini” e non da “filosofi da tavolino” occorre tenersi lontani dalla sapienza. Cosa che i filosofi non hanno fatto, in primis Socrate, declassato nell’Elogio come solo Nietzsche sarà in grado di fare secoli più tardi.  La fama è vanità, lo sappiamo tutti, dunque anche l’Arte, strappata la bella maschera, si rivela un macabro parto della Follia. Cos’altro ci porterebbe, mi viene da pensare, a passare al computer intere notti, ad alzarci dal letto per scrivere un solo verso dettato dall’illogicità di un sogno, cosa se non lei, la Regina che nell’Elogio si vanta dei suoi meriti e rivendica la fondazione di “città e governi, religioni, assemblee e tribunali”? Quanta gratitudine, suggerisce il saggio autore attraverso labbra stolte, dovremmo alla nostra follia e che immenso guadagno ci deriva da quella altrui! Fin qui va bene, il lettore più conciliante tributerà i suoi dovuti ringraziamenti, è solo che in un singolare rovesciamento prospettico la Follia inizierà ad argomentare e professarsi, tra tutte le cose, quella massimamente saggia…in quanto è lei che libera tutti noi, con la sua audacia, da ciò che per timore ci allontana dalla saggezza. Così scopriamo che la saggezza non è saggezza: la logica vacilla, ma la poesia acquista volume e, tronfia e gongolante, ora la Follia è tutto, anche il suo opposto. Addentrandoci nell’opera ci risulta chiaro: natura e cultura non è la sola dicotomia del testo, perché l’opera vive di produttive contraddizioni e divaricazioni che hanno il solo scopo di svegliare la mente da un rassicurante aristotelismo logico. Ma la cosa bella della verità è che si rivela a tutti, eppure solo chi ha intelligenza può vederla; così è nell’opera di Erasmo, tra stratagemmi teatrali ed espedienti narrativi tutto è palese, e pochi vedono. In particolare solo all’ironia più sottile, chiave di volta di un’intelligenza allenata ad agire, è accessibile quel punto di spaccatura in cui la “sana follia” si fa stolta e da lì, esattamente, a delirio avanzato, occorre leggere a rovescio e cogliere le sottili ironie del linguaggio sempre seguendo, col sorriso di chi indaga, il non detto. Al lettore è richiesta l’arte del surfista, cavalcare l’onda senza farsi mai travolgere dai contenuti, tenendo fissa, con la coda dell’occhio, l’agitazione marina che nulla di buono promette ma che se domata dal proprio talento genera divertimento, produce incanti. Erasmo da Rotterdam, “L’elogio della Follia.”