Abiti, nascondimenti e simulazioni fanno parte di un gioco che subisce il fascino dell’Oriente. Qui ha origine negli ormai lontani anni ’80 e si diffonde a macchia d’olio nel mondo, attirando seguaci e tematizzando eventi durante tutte le stagioni (non si limita al mese di Febbraio, né è legato alla tradizione del Carnevale). Per comporre meglio le tessere di questo puzzle una persona comune non praticante come chi scrive necessita di andare alla fonte. Una chiacchierata con una giapponese di nascita ma siciliana di adozione chiarisce definitivamente i dubbi: molti dei personaggi che ammiravamo in tv da bambini sono nipponici e di essi i cosiddetti cosplayer vestono i panni. Il cosplay è infatti la moda di indossare costumi calandosi nelle vesti dei propri personaggi preferiti ed è legato ai manga, non semplici fumetti, e agli anime, abbreviazione e poi traslitterazione giapponese dell’inglese animation, di gran lunga più attraente della banale definizione di cartone animato. E il fatto che il termine cosplay sia annoverato tra i neologismi del dizionario Treccani da più di un decennio è indicativo di un fenomeno diffuso nel nostro territorio tra i bambini ma anche tra i più cresciuti. Si comincia dall’amore per il Giappone, evidentemente: per la sua geografia, per la sua lingua, per i suoi colori e per i profumi, una volta solo sognati grazie al piccolo schermo o alla carta stampata, oggi sempre più vicini per la forza del web. Il vero cosplayer condivide essenza e apparenza del suo idolo e si prepara confezionando in casa, se possibile, costumi e accessori di ogni sorta. E quando arriva il momento di interpretarlo, partecipa alle numerose convention: dal Tokyo Game Show in terra natia al nostro Lucca Comics and Games, che si è svolto anche quest’anno in remoto. Anche la Sicilia ha recitato la sua parte con le ormai nove edizioni dell’ Etna Comics, kermesse che fa conoscere la città di Catania a migliaia di adepti, anche visitatori d’oltralpe.

E se alla fine, da profani, ci venisse da chiederci se ci sia del grottesco dietro a tutto questo? Prenderemmo in prestito un suggerimento letterario. Se è vero che ogni uomo mostra paradossalmente più autenticità nell’assumere delle sembianze che non gli sono familiari è presto spiegato che nulla risulta di troppa stravaganza. Cambiarsi per vivere momentaneamente la vita di un altro, senza voler necessariamente con questo trasgredire o manifestare dissensi, potrebbe essere un modo per guardare il mondo da un’altra prospettiva, fugacemente, per poi ritrasferirsi al sé. E cominciare un nuovo culto, nell’attesa del prossimo travestimento.

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