Unire le proprie competenze professionali alla passione per quello che si fa nel lavoro significa metterci il cuore, oltre che la testa. E ci sono dei mondi in cui senza metterci il cuore sarebbe arduo lavorare: uno di questi è la salute, soprattutto se questa ha a che fare con i bambini. Tra le realtà virtuose che accompagnano la permanenza dei più piccoli in ospedale c’è C(u)ori in Corsia ONLUS, associazione di professionisti e volontari che promuovono la musica come forma creativa di sostegno ai pazienti pediatrici. Abbiamo rivolto alcune domande ad Adriano Mastrolorenzo, musicista, musicoterapeuta e presidente di questa giovane associazione.
La nostra associazione nasce nel ricordo di una bambina che oggi non c’è più, nel periodo in cui ho dato inizio al mio lavoro di musicoterapeuta in ospedale. È il frutto di una presa di consapevolezza: la musica e l’arte possono cambiare il percorso di un momento destinato alla tristezza. Era il 2020, quando in piena pandemia è nato il desiderio, insieme alla mia collega Michela Origlia, pedagogista e vicepresidente dell’associazione, di creare una nostra realtà che portasse musicoterapia e pedagogia all’interno dei reparti dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Insieme ad altri due colleghi meravigliosi, Emiliano e Francesca, abbiamo dato vita a questa realtà, che oggi conta all’attivo tre musicoterapeuti, due musicisti ed a breve anche una pedagogista.
Ci racconta brevemente la vostra esperienza di musicoterapia in corsia?
Noi lavoriamo all’interno dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù cinque giorni su sette, in ogni reparto e su tutte le quattro sedi di degenza. Bambini e genitori ci accolgono sempre con enormi sorrisi, anche quando le situazioni sono particolarmente gravi. Lavoriamo principalmente sulle lungodegenze, e vediamo cambiamenti nei loro occhi ogni giorno. Siamo presenti anche nella nuova sede del centro di cure palliative pediatriche, dove la musicoterapia è diventata parte integrante della cura.
Quali sono gli effetti benefici della musicoterapia, dell’arte e del gioco?
Bambini e genitori mostrano miglioramenti dal punto di vista emotivo e psicologico. Durante i nostri percorsi terapeutici vediamo come pazienti e caregiver cambiano modo di vedere la malattia, il dolore e la sofferenza. Lavoriamo molto spesso durante le procedure dolorose e invasive, aiutando il paziente pediatrico a “sentire” meno dolore. Inoltre, attraverso le sedute musicoterapiche e pedagogiche, supportiamo i bambini al fine di migliorare le capacità relazionali sia con gli altri pazienti che con caregiver e personale sanitario, alimentando così il legame emotivo con tutte le realtà che gravitano loro attorno. Inoltre diversi studi dimostrano come sia possibile stimolare diverse aree del cervello coinvolte nella memoria, nella concentrazione e nell’attenzione.
Come si diventa volontari / sostenitori di C(u)ori in corsia?
Per diventare nostri volontari è necessario seguire un percorso di formazione che viene svolto insieme al servizio di volontariato dell’ospedale, che ringrazio di cuore per tutto il sostegno. Ogni volontario è seguito dai musicoterapeuti o dai pedagogisti dell’associazione, in modo che possa assimilare le tecniche necessarie ad operare in un contesto così complesso. Inoltre, è necessario tesserarsi. Per sostenere la nostra realtà ci sono diversi modi, tra i quali le donazioni o la destinazione del 5×1000.
Pensate di ” esportare” il vostro progetto in altri ospedali italiani in futuro?
Assolutamente si! Il nostro obiettivo è far conoscere questo modo di lavorare. Per questa ragione chiediamo di sostenerci il più possibile. Il nostro sogno è quello di far conoscere la bellezza delle terapie non farmacologiche ad altri medici. Al momento siamo grati che l’ospedale pediatrico Bambino Gesù abbia accolto così bene la musicoterapia: oltre ad aver ospitato la nostra associazione è probabilmente il primo ospedale in Italia ad aver assunto a tempo indeterminato un musicoterapeuta. Sono enormemente grato per questo gesto, perché vuol dire crederci e mettere il benessere dei bambini al primo posto. E noi, nel nostro piccolo, cercheremo di sdebitarci, lavorando sempre meglio all’interno dei reparti e al fianco dei piccoli pazienti. È stato anche questo che mi ha spinto a portare avanti l’associazione, a crederci in prima persona.
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Sono Iolanda, giovane insegnante di Lingue straniere, traduttrice ed esterofila. Ho studiato a Catania e poi a Roma, passando per Madrid. Ci ho messo poco a capire che la mia vita sarebbe girata intorno al mondo della formazione dei giovani. Vorrei che tutti loro imparassero ad amare le culture straniere, oltre che le lingue. Perché gli idiomi sono strumenti che, allo stesso tempo, rivelano integrazione e tutelano identità.