Terra affascinante e misteriosa la Sardegna, terra che racconta storie tra realtà e leggenda, storie di donne aspre e ricche, dure e antiche, magiche e profondamente vere, talvolta definite streghe per quella loro conoscenza delle erbe e degli antichi medicamenti. Se siete abituati a pensare la Sardegna come meta di turismo d’élite, di mare cristallino e incontaminato, lasciatevi portare indietro, in luoghi diversi, tra paesaggi lunari alternati a boschi nascosti, cespugli di mirto e profumi eterni, preghiere e rituali antichi come la   luna; ed è proprio una grande luna piena quella che illumina la strada di un’ombra alta e scura. Un vento freddo agita lo scialle e la veste lunga fino alle caviglie, il passo è sicuro, nonostante la strada accidentata che da casa porta in paese, ma lei conosce ogni sasso, ogni asperità, di quella via e dell’animo umano. Quella donna ha fatto un patto con la morte, l’aiuterà, questo è vero, ma non ne sarà mai la causa. Il ruolo ufficiale di Antonia, così la chiameremo, è quello di levatrice, portatrice di vita, sì, ma la vita ha anche un altro volto: quello oscuro. La morte non è forse naturale evoluzione della vita? Lo sa bene Antonia che tutti, sommessamente ma con rispetto e timore, chiamano l’Accabadora. Così come la levatrice accompagna nuove vite verso il mondo, l’Accabadora le riconduce verso la dimensione “altra” quando la vita stessa non è più e la morte esita, impietosamente, a compiere la propria opera. Antonia, questa notte, restituirà la pace a qualcuno che, ormai da giorni, fluttua tra i due mondi, incastrato in una vita che non c’è più e una sofferenza atroce e senza ritorno. Nonostante il freddo pungente, la porta della casa è socchiusa, in un muto invito ad entrare. L’ombra scura varca la soglia, non c’è nessuno ad attenderla, o così sembra, solo una luce fioca che proviene da una stanza sul retro ed un silenzio assordante, tradito dal singhiozzo sommesso di qualcuno che, per rispetto misto a dolore, rimane nell’ombra, accennando col capo un timido gesto d’assenso incrociando lo sguardo di Antonia. Le due donne non riescono a vedersi con chiarezza, ma entrambe sanno, ed entrambe faranno la loro parte in ciò che deve essere compiuto. Il rituale è antico, composto da parole e gesti che Antonia, sola con il malato, ha fatto suoi ormai da decenni. Pochi movimenti lenti, frasi sussurrate, amorevoli e dolci, accompagnano l’uomo verso la fine della propria agonia; forse, a modo suo, anche questo è un gesto d’amore, di pietosa misericordia. Un movimento rapido e l’anima del moribondo vola via. Il volto stravolto dal dolore adesso sembra sereno, le labbra piegate in uno strano sorriso. Antonia lascia la casa, accarezza il volto della vedova e scompare nel buio, tra le case addormentate. È  ancora la Luna, adesso alta nel cielo lucidato dal vento, ad accompagnare Antonia lungo la strada del ritorno; un’altra vita ha mutato dimensione, altre ne nasceranno domani, sotto lo sguardo duro e allo stesso tempo dolce di questa donna antica sempre sospesa tra vita e morte.

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