Nel panorama gastronomico internazionale molte sono le ricette tradizionali associate a leggende popolari e ricorrenze che affondano le radici nella storia più antica; ed, indipendentemente dal credo professato ed i relativi eventuali precetti alimentari, in tutti i paesi in cui si pratica una religione fioriscono ricette legate al culto che possono talvolta essere delle vere e proprie forme di devozione, o che rappresentano semplicemente segni di condivisione e festa.
In occasione del Diwali, la festa induista che simboleggia la vittoria del bene sul male, i protagonisti della tavola sono i dolci tipici fra cui il più famoso é Khoya Laddu: un dolce a base di formaggio e semi di sesamo. Gli ebrei in ricordo dell’Esodo, vale a dire la liberazione dalla schiavitù egiziana, mangiano le Azzime: memorie del pane che, durante i giorni di fuga, non c’era tempo di far lievitare.
In Grecia, paese di religione ortodossa, il digiuno quaresimale viene interrotto consumando la Maghirtsa: una zuppa di carne preparata con frattaglie d’agnello; mentre in Maghreb, durante il mese del calendario islamico dedicato al Ramadan, quando ci si astiene dall’assunzione di cibo dall’alba al tramonto, il digiuno viene rotto mangiando il Katayef: un piatto ricco di frutta secca.
In Sicilia, ed in particolare a Catania dov’è sempre vivo il culto della Santa patrona, fra le prelibatezze della pasticceria locale spiccano le “Minnuzze di Sant’Agata”: tonde, bianche e dalla forma indistinguibile; cassatelle semisferiche e decorate con una ciliegina candita, rappresentano la forma del seno della giovane Agata e rievocano la storia del terribile martirio che la Santa dovette subire.
Nata nel III secolo da una famiglia cristiana, ad appena quindici anni Agata divenne una delle vergini consacrate dal vescovo e dopo qualche anno, avendo respinto la corte del proconsole romano Quinziano che essendosi invaghito di lei le ordinò senza successo di ripudiare la sua fede, fu ingiustamente accusata di vilipendio alla religione e le vennero riservate umiliazioni, torture e, come ultimo strazio, lo strappo dei seni.
Il richiamo alla vicenda, concentrato in un dolcetto tanto buono quanto impudico, viene anche richiamato in un passo del Gattopardo in cui si chiede come sia possibile che un pasticcino tanto vezzoso e sfacciato non avesse scatenato l’attenzione del Santo Ufficio.
Inevitabile il perdono alla mostra in vetrina dei seni di Sant’Agata, o per meglio dire delle “minnuzze” della Santa; seni avvenenti che rappresentano la fertilità e l’abbondanza che i Siciliani riconobbero alla figura di Agata quando, con l’imporsi della fede cristiana, questa rimpiazzò le divinità pagane della fecondità che l’avevano preceduta.
La Santa, la Dea, la Regina, la Mamma. La trasposizione cristiana della Dea Demetra, la madre terra; la prima vera femminista della storia, preferì subire le torture ed il martirio pur di non abbandonare la propria fede ed i propri valori. “Donna tenace ed intrattabile” come la definì lo stesso Quinziano: icona di riferimento per devoti e miscredenti.

Cattedrale di Taormina, bassorilievo in marmo del Martirio di Sant’Agata
Pescheria di Catania, street art di Tvboy, omaggio a Sant’Agata

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