Sensibilità e riguardo: due qualità non comuni, ma necessarie a chi voglia intraprendere questa missione volontaria e gratuita. Non un impegno occasionale, ma un ruolo di tutela che si estende a tutto il tempo che separi un giovane dalla sua maggiore età.

Con l’espressione MSNA (minori stranieri non accompagnati) si fa infatti riferimento agli stranieri non europei e minori di 18 anni che si trovino in un contesto nazionale senza il supporto di un adulto di riferimento e quindi privi di assistenza e rappresentanza legale. Sono presenti su tutto il territorio italiano e la Direzione Generale dell’Immigrazione e delle politiche di integrazione ne censisce periodicamente i dati. I tutor sono coloro che scelgono di assisterli, garantendo il rispetto dei diritti che la legge attribuisce loro. A proposito di legislazione, è stata la Legge n.47/2017, c.d. legge Zampa, a fornire gli strumenti legali e amministrativi per salvaguardare la categoria di migranti in assoluto più vulnerabile; prima di essa esistevano delle buone pratiche ed erano solitamente i sindaci dei Comuni ospitanti a svolgere più o meno simbolicamente il ruolo di tutori.

Senza requisiti vincolanti ma con una buona dose di disponibilità al dialogo, oggi ci si può rivolgere al Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza e partecipare al bando ai fini dell’inserimento nella lista dei tutori volontari presso il Tribunale per i minorenni relativo al proprio territorio di residenza, previo colloquio conoscitivo e corso di formazione. Oltre alla mera rappresentanza legale e al disbrigo delle pratiche per il permesso di soggiorno è compito del tutore, che può essere civilmente (e non penalmente) responsabile di accompagnare da uno a tre minorenni, intrattenere rapporti costanti con la struttura che accoglie il giovane e con gli operatori che vi prestano servizio perché tutti agiscano in maniera concorde e guidino il minore nel suo percorso verso l’autonomia. Il tutore vigilerà sul fatto che il giovane trascorra le giornate in un ambiente consono alle proprie esigenze, sia vestito e abbia un’alimentazione adeguata, frequenti con assiduità le istituzioni scolastiche e possa agire nel rispetto della propria identità culturale e del proprio orientamento religioso.

Tornando in conclusione al concetto di missione – già accennato in principio – preme evidenziare che a questo incarico non si possa associare per legge alcuna soddisfazione di tipo remunerativo. Una prestazione di questa portata, prolungata nel tempo e a titolo gratuito, deve essere quindi motivata da altre ragioni e ispirata a diversi principi. Ebbene, è sufficiente dialogare con qualcuno che ne abbia già fatto esperienza per comprendere cosa spinga davvero un adulto ad accettare la missione del tutore: profonda attitudine alla relazione, all’ascolto e all’empatia. Perché bisogna sapersi relazionare con un ragazzo o una ragazza che ha perduto “la bussola” e deve reimpostare il proprio sistema di orientamento nel mondo. Perché è necessario sapere ascoltare ciò che lui o lei sono pronti a raccontare, e provare delicatamente a comprendere ciò che non hanno più voglia di ricordare. Perché è empaticamente appagante osservare i loro progressi e lasciare la loro mano quando saranno pronti a camminare da soli.

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