Temuta, cercata, agognata. L’uomo che ne è toccato avrà prosperità e i suoi desideri si avvereranno. Chi può essere questa imprevedibile e casuale dispensatrice di gioie e dolori? Gli artisti sin dall’età classica hanno voluto dare un volto a colei che chiamiamo “fortuna”. La Dea fortuna o Tyche, la dea bendata, era nel mondo classico indifferente al desiderio umano quindi elargiva e toglieva per capriccio, senza la possibilità di poterla controllare. Cosa si poteva fare per non subirla? Gli antichi pensavano che lei agisse solamente sui beni materiali, quindi si poteva solo allentare la dipendenza per la materialità, per concentrarsi sulla moralità e rimanere imperturbabili ai cambiamenti di sorte. Per la mitologia greca Tyche era cieca padrona della sorte e quindi rappresentata bendata, ma non di rado raffigurata mentre correva facendo rimbalzare una palla. Il suo muoversi casuale e incosciente rappresentava l’incertezza del suo agire. Nel periodo medievale, la Dea, fu spesso rappresentata con una cornucopia tra le braccia. Questo era un simbolo di abbondanza dalle origini mitologiche: il Dio Giove diede in dono alla donna che si era presa cura di lui nel corso della sua infanzia un corno di capra, che bastava suonare per avere ogni cosa si desiderasse. Il legame tra la fortuna e la cornucopia è la rappresentazione del potere del desiderio, che si serve di uno strumento attraverso cui materializzare ricchezza e abbondanza. Nel periodo romano fu rappresentata anche con la corona in testa, che non era di ulivo, ma era tessuta con fiori di narciso che rappresentavano l’attrazione, l’amore, la bellezza e la fertilità. In epoca romana, infatti, la Dea era venerata perché responsabile dei destini umani. Quindi le donne si affidavano a tale figura per auspicare a buone gravidanze. Altri simboli nel corso della storia le sono stati affiancati: il globo che rappresenta il mondo ma anche la ciclicità degli eventi o la ruota come energia perpetua legata alla ricchezza e alla sua presenza ciclica nella vita di ognuno di noi. A proposito della ruota della fortuna o Rota Fortune essa rappresenta allegoricamente l’instabilità del destino. È presente in molte raffigurazioni ed è anche il decimo Arcano maggiore dei tarocchi. Questa ruota è tradizionalmente fatta girare da una donna bendata e alcuni personaggi sono a essa arrampicati. Questi vestono in modo diverso e rappresentano anche le fasi della vita. Sono quattro personaggi che nella fase ascendente, l’ardore della gioventù, hanno vesti ricche, poi sontuose nell’apogeo della ricchezza e infine povere o addirittura nude a simboleggiare la vecchiaia e la perdita dei beni terreni dopo la morte. Il poeta romano Marco Pacuvio scrisse: “I filosofi dicono che Fortuna è pazza e cieca e stupida, e insegnano che essa sta in piedi sopra una roccia sferica che rotola continuamente: affermano che ad ogni caso spinga questa roccia, Fortuna si muoverà in quella direzione. È per questo motivo, dicono, che essa è cieca: perché non vede dov’è diretta; e dicono sia folle, perché è crudele, traballante ed instabile; e stupida, perché non sa distinguere chi è degno da chi è indegno dei suoi favori.” Monito per ricordarsi che la buona sorte non è eterna per i potenti ma può sempre essere salvifica per chi cade in disgrazia.

Albrecht Dürer, Nemesi o Grande Fortuna ,1502
La fortuna, X arcano maggiore dei Tarocchi
Abbondanza, Antonio Tarsia, Venezia
Cornucopia
Miniatura da “Ovide Moralise” di Chretien Legouais, XIV sec.
Miniatura dal Vergänglichkeitsbuch,1573

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