Nel ‘400 a.C. Ippocrate giurava di prendersi cura dei malati. In epoca medievale, il giuramento comunitario aveva fatto nascere le città. E ancora oggi, nonostante l’altissimo tasso di separazioni e divorzi, milioni di sposi davanti all’officiante giurano di amarsi ed onorarsi per il resto della vita con la formula: “Nessuno ti giuro nessuno, nemmeno il destino ci può separare”. Ah no, questa era Mina. E non vogliamo citare i testimoni che in tribunale giurano davanti alla corte di dire tutta la verità nient’altro che la verità? Tutti giuramenti istituzionali. In questi casi la performance del giuramento non è il frutto di miti atavici. C’è un’istituzione giuridica che ha una forte presa morale sull’individuo, rendendo la formula pronunciata un atto efficace a tutti gli effetti. Cosa succede invece quando non siamo davanti ad un giudice ma davanti ad un amico che, prima di rivelarci un accadimento riservato, con potenziali ripercussioni sociali elevate, ci chiede di mantenere il riserbo? Insomma, quante volte avete preteso che qualcuno vi giurasse di non rivelare una vostra confidenza, una notizia bomba? E quante volte il suddetto giuramento è stato davvero onorato? In teoria, chi giura, dovrebbe avere una certa intenzione di mantenere la parola data. In teoria.
Il rivelare qualcosa che gli altri non sanno, può derivare dalla necessità di condividere un pesante fardello, oppure una forte emozione. Un po’ come salire sulle montagne russe: più la rivelazione è degna di stupore, più la discesa è adrenalinica. A volte non c’entra neanche il pettegolezzo né la voglia di farsi i fatti degli altri. Non è nemmeno una questione di generosità della condivisione: è una questione di potere.
Per alcuni, i furbi di passo corto, avere un’informazione in esclusiva conferisce un potere ed un vantaggio sociale che, secondo loro, viene riconosciuto solo nel momento della condivisione dell’informazione. È come se raccontando ciò che avevi giurato di non rivelare, il tuo vantaggio informazionale viene riconosciuto dagli altri. Da lì, la notizia riservata inizia un viaggio tortuoso, in cui sarà esposta ad interpretazioni e distorsioni. I protagonisti potrebbero anche subire il cambiamento del loro nome, delle loro intenzioni e Madre Teresa di Calcutta diventare una poco di buono. Situazioni in cui tutti sanno ma nessuno ufficialmente sa. Un gioco delle parti, degno delle migliori soap opera. La notizia personale e riservata scivola via, passando da sussurro all’orecchio a titolone strillato al bancone del bar. E poi sì che diventa quello che oggi chiamano esoticamente gossip. Poi ci sono quegli individui che, a ben ragione, ritengono che dopo aver giurato di non rivelare l’informazione, non solo non la rivelano, ma ritengono che il costudirla determini un vantaggio sugli altri e una forma di rettitudine sociale. Si sentono più forti e la loro autostima ringrazia. Sono i migliori tra noi. Fateveli amici.
Del giuramento e della sua efficacia esistono decenni di studi di linguisti e antropologi. Ma in epoca contemporanea si parla di età dell’eclissi del giuramento. Più che un’eclissi mi sembra un trapasso. E continuiamo a spruzzare deodorante per coprire il tanfo della sua decomposizione.
La verità è che spesso nel momento in cui promettiamo di non raccontare quella cosa lì, stiamo già pensando a chi potrebbe interessare.


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