Sono ormai ricordi sbiaditi i racconti che ci facevano nonni e bisnonni sulle consuetudini riguardanti lo sposalizio nel secolo passato. Non sempre si poteva parlare di frutto di incontri spontanei, soprattutto al Sud Italia. Erano infatti certe famiglie ad intervenire per favorire le unioni dei propri figli che, volenti o nolenti, accettavano di firmare un assegno in “bianco”: si maritavano senza conoscere a fondo il prezzo di questo gesto e ne accettavano inevitabilmente l’indissolubilità. Sì, perché fino all’approvazione nel dicembre del 1970 della legge che regolamentava la dissoluzione dell’unione coniugale (introducendo l’istituto del divorzio) e del successivo referendum, il matrimonio non possedeva caratteristiche di provvisorietà. Pochi anni prima, nel 1961, “Divorzio all’italiana” era ufficialmente solo il titolo di una pellicola per la regia di Pietro Germi; vi recitavano i celebri Mastroianni e Sandrelli e fotografava in maniera coraggiosa e realistica una parte di Italia ancorata a certi valori e ancora mortificata dall’articolo 587 del codice penale.

Sono passati poco più di 50 anni da quel 1970 e siamo giunti fino al cosiddetto “divorzio breve”. Prima di tutto è fortunatamente emersa la consapevolezza dei propri diritti da parte della donna. I matrimoni sono calati, l’età media di chi si sposa è cresciuta e le nascite sono progressivamente ridotte fin quasi allo zero. All’interno del “Rapporto 2020” del Centro Internazionale Studi sulla Famiglia si parla di società post-familiare. Il concetto di famiglia si è evoluto e trasformato e nuove forme di unione sono state ufficialmente formalizzate (unioni civili, contratti di convivenza, nuove prospettive di genitorialità). Si stava meglio quando si stava peggio? Evidentemente no! Diversi studi statistici hanno mostrato già a cavallo tra gli anni sessanta e settanta segnali evidenti delle faglie più o meno profonde che stavano investendo l’istituzione familiare. I cambiamenti nei comportamenti procedono molto più veloci dei provvedimenti legislativi e saranno sempre i primi (i cambiamenti sociali) a trascinare i secondi (le misure della legge) e non il contrario.

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