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Una piccola capinera.

Oggi la città è avvolta in uno strano silenzio, quel silenzio che si percepisce sempre al termine di una festa. Questa è una festa sentita, vissuta fino allo stremo, tra processioni della Santa Patrona, accompagnata da ceri enormi a punteggiare di fiamme danzanti le strade del centro, e fiumi di devoti che hanno pregato, gridato il nome della loro protettrice, portato fiori, stringendosi come un solo uomo. I turisti, storditi da tanto clamore, hanno osservato stupiti, lasciandosi travolgere e fotografando entusiasti. Impossibile non lasciarsi coinvolgere da questa danza tra sacro e profano, tra fuochi d’artificio e preghiere. Ora tutto tace. La città riposerà solo per un momento riprendendosi dal clamore, esausta ma felice. Presto torneranno a farla da padrone le auto con i loro clacson e i rumori di una città frenetica e a volte difficile. Ho bisogno di godere ancora un po’ di questa atmosfera silenziosa e so dove cercarla. Entro nella chiesa della Badia di Sant’Agata, l’unico suono è quello dei miei passi che, riecheggiando, rompono un silenzio sacro. Lo sguardo sale verso una delle cantorie dalla foggia bombata e gonfia come la vela di una nave. Quanti sguardi si sono affacciati da quella griglia barocca, sguardi infiammati dalla vocazione, certo, ma anche altri sguardi, quelli giovani di piccole capinere costrette a lasciare le loro vite per entrare in quel mondo a parte, fatto di preghiera e silenzio. Quante lacrime avranno bagnato gli occhi di fanciulle date in sposa a Cristo e non a quel ragazzo bruno che aveva fatto battere il loro cuore e tra le cui braccia avevano sognato di passare il resto della vita. Sognavano una famiglia, dei figli e il calore di quelle braccia forti. Sognavano la vita, quella che ormai potevano spiare solo dall’alto della cantoria, durante le funzioni religiose, senza essere viste. La famiglia d’origine le aveva destinate ad altro, ad una realtà parallela da far scorrere tra mura non scelte. Mi sembra di scorgere una figurina bianca e nera che per un istante appare da dietro la grata e poi, come quell’uccellino che ricorda, vola via. Devo tornare al mondo che freme là fuori ma il mio pensiero va a te, piccola capinera, che avresti voluto e non hai avuto, e a noi che, troppo spesso, non riusciamo ad apprezzare fino in fondo l’amore e la libertà che scorrono al di là di quelle cantorie.

Foto di Barbara Giuliano

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