L'informazione fuori dalle righe

Io prima di me.

Il cellulare emette il classico suono che mi avvisa dell’arrivo di un nuovo messaggio. Controllo automaticamente, ormai lo smartphone è un’appendice della nostra memoria, abbiamo tutto lì dentro e, che piaccia o meno, è così. Il messaggio della mia amica recita: “ordinavo le fotografie e sei saltata fuori tu!” Apro l’allegato, si tratta di una foto scattata almeno vent’anni fa, in cui evidentemente mi stavo divertendo perché il sorriso è di quelli aperti, autentici e luminosi. Non sono in grado di ricordare in quale occasione sia stata scattata la fotografia, provo ad andare a ritroso, a cercare indizi nell’abbigliamento, nella collana che porto al collo, ma niente. Zero. Tutto quel cercare la giusta collocazione spazio temporale mi porta inevitabilmente a salire sulla macchina del tempo. Quante cose sono cambiate, ma soprattutto, quanto sono cambiata io, e non mi riferisco all’aspetto fisico, quello è un divenire continuo finché passeggiamo su questa terra, mi riferisco al mio “io totale”. Mi rendo conto di aver sempre avuto la mia zona di confort fatta di amici, parenti, marito. Tutto scorreva sul letto di un fiume placido, una riva di qua, una riva di là, e nel mezzo il mio corpicino serenamente trasportato. Non occorrevano energiche bracciate, non serviva muovere le gambe fino a farsi venire i crampi. Parola d’ordine: lasciarsi trasportare. Poi, ad un certo punto, signore e signori si cambia! Ecco i primi vortici, precursori delle rapide, quelli che ti tirano giù e non è detto che ti lascino tornare a galla. Qui o si nuota o si affoga amici miei! Ed è a questo punto che ti viene permesso di scegliere. La vita aveva smesso di essere il fiume delle favole e si era trasformato in qualcosa di diverso. Ostile? Non necessariamente, ma sarebbe dipeso tutto da me. Ho dovuto iniziare a guardarmi in faccia veramente, a conoscermi e mi sono accorta che, nascosta in fondo, c’era una mente creativa, una tizia con tante idee, progetti e qualche piccolo talento, una persona che per anni aveva dato priorità ad altro e ad altri e che adesso, a suon di bracciate, veniva a galla. Talvolta guardandomi dal di fuori pensavo: “Mi piace questa me, mi piace che non veda più gli stessi ostacoli come quasi insuperabili, mi piace che non sia più la moglie di…, l’amica di…la figlia di…” Avevo acceso i radar e deciso da quale parte andare. Adesso, come un ragnetto presuntuoso, guardo la tela che ho ricostruito e sorridendo alla fotografia mi dico: “Amica mia! Ma lo sai che non sei poi tanto male!”.

Foto di Barbara Giuliano

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