La vetrina dell’erboristeria è stata decorata con cura. Un tappeto di foglie dai colori caldi accoglie un bel cestino dal sapore vissuto dal quale, tra melograni e piccole zucche, occhieggiano flaconi di olii, balsami per il corpo e graziose candele tonde e profumate. All’interno della piccola bottega un po’ retrò, la titolare è intenta a sistemare con cura alcuni prodotti sullo scaffale. È una donna di mezza età dal look gitano, porta collane di pietre dure su una casacca di un bel velluto rosso. Al dito ha un grande anello d’argento, come i suoi capelli, che scintilla al muoversi esperto di quelle mani tra i delicati contenitori di ceramica e cristallo. Si accorge di me e mi sorride con garbo. Impossibile non seguire l’istinto. Devo entrare. Sono accolta da un profumo inebriante di spezie e corteccia. La signora mi viene incontro, tende la mano e con un largo sorriso si presenta “Sono Febronia, benvenuta nell’antro della strega” la sua risata ricorda l’acqua che rotola sulle pietre nei ruscelli e il nome evoca quello di donne antiche, in altre epoche e altre storie. Una donna fuori dal comune tra erbe e balsami curativi. Una di quelle donne che la società di un tempo avrebbe marchiato con un unico e pericoloso aggettivo: strega. Ha una voce calda e tranquilla che mi arriva da lontano mentre descrive le proprietà terapeutiche di un’essenza particolare. La signora parla di quel mondo che conosce bene e che la appassiona sin dall’infanzia e la mia mente corre lontano, arriva tra i colori di un tramonto autunnale e agli odori del bosco, in un tempo lontano oltre quattrocento anni. “Mi accusarono di usare queste erbe per farne maleficio al mio uomo. Egli disse che non poteva unirsi più ad alcuna donna dopo di me”, la voce è quella di Ginevra, vedova e meretrice, denunciata da un amante deluso. Le fa eco Orsolina, detta “la rossa”, anche lei vedova “Dissero che alcuni bambini erano morti per causa mia”. Quelle voci non restano sole, da dietro una grande quercia si leva quella di Lucia, sola anch’essa e levatrice: “Quella bambina era già molto malata. Provai a guarirla. Non ci riuscii. Mi denunciarono per maleficio”. Le cronache dei processi del tempo le descrivono come donne di carattere, esperte di rimedi officinali, svelte di lingua che usano con destrezza per esprimersi con ironia. Donne indipendenti e “difettose” perché senza regolare famiglia. Spesso vedove, straniere, meretrici. Donne sole che si erano tirate dietro invidie, gelosie e la cattiveria di chi quelle menti non poteva dominare. Erano libere e pagarono per questo. La voce di Febronia mi riporta al presente. Concludo il mio acquisto ed esco da quell’angolo di passato. Mi guardo intorno, belle ragazze ridono ad alta voce tra loro, libere come si può essere solo quando si ha la fortuna di nascere nel lato “giusto” del mondo. Ma la libertà va tenuta stretta, difesa e sostenuta perché la caccia alle streghe, ricordiamocelo, non si è mai conclusa.

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