L'informazione fuori dalle righe

L’altro.

“Forse davvero devo lasciar perdere?

Forse davvero nessuno vale un momento di lucida emozione?

Forse che questo cuore travolto da un nuovo ed insolito disincanto non sa più riconoscere?

Forse che di illusioni esso ancora fa linfa per i suoi palpiti?

Eppure io vi ho sentiti: i vostri gemiti e il vostro silenzioso pianto.

Le risa sommesse e i sorrisi che m’hanno rischiarato il giorno.

Forse soltanto paura e diffidenza o addirittura volgare indifferenza muove l’animo vostro.

L’anima mia non smette di carezzar la vostra ma è ormai lontana, vola più in alto.”

Una sensazione comune a tutti noi è quella che ci pervade quando usciamo dal nostro nido: la paura dell’altro. Una paura furba perché silenziosa e sorda, che si manifesta camuffandosi in mille modi. Può accadere per strada se ci viene chiesta un’informazione o se sentiamo i passi di qualcuno dietro di noi. Si manifesta, ancora più sinuosa, quando interagiamo con altri. Sospetto, diffidenza sono lì a ricordarci che non si può abbassare lo scudo alzato in difesa dagli attacchi del mondo intero. Questa paura segna il passo di ogni nostro giorno, segna forse anche il passaggio dall’adolescenza fiduciosa e spensierata all’età adulta.

Ma, come sostiene la psicanalisi, la paura è generata dal nostro modo di interpretare la realtà che ci circonda, siamo noi a generarla. La paura della sofferenza e del dolore sono creati dal nostro modo di interpretare un gesto o una parola.

La paura può, in dosi misurate, diventare input per l’azione, in caso contrario sarà zavorra che paralizza.

La sensazione è che purtroppo dopo la surreale esperienza dei lockdown vissuti di recente questa paura sia diventata più forte e irrazionale, come se quell’isolamento forzato abbia tirato fuori un retaggio atavico che la civilizzazione aveva sopito.

Ma la vita va vissuta. Siamo esseri nati per stare in comunità e non isolati, siamo animali sociali. E di questa propensione van presi tutto il bello e tutto il brutto.

Come diceva Franklin D. Roosevelt: “L’unica cosa che dobbiamo temere è la paura stessa.”

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