“Quanta sublime armonia

può dare la musica.

Come un canto dell’anima essa esce dal più profondo

di qualcuno per toccare

le parti più recondite

di chi ascolta.

Ed inizia una stretta connessione col compositore, quasi una sorta di fusione di anime, un sentire comune che unisce e libera ad un tempo.

Nulla per me è così

ancestrale ed elevato insieme.”

Una vita scandita da note musicali. Come può essere diversamente se si cresce in una casa in cui c’è sempre musica? Persino i sogni ad occhi aperti hanno avuto sempre la loro colonna sonora. Da bambina restavo incantata a guardare papà intento a cambiare la puntina del giradischi e maneggiare con cura i dischi di cera. Il suono era un po’ incerto e a tratti gracchiante e le musiche mi sembravano risalire alla notte dei tempi, così diverse da ciò che all’epoca ascoltavo. Lui mi raccontava dei tempi di guerra e dei dischi di jazz americano vietati dal regime, di quelli che comprava di nascosto e della nonna che si arrabbiava con lui. E poi, nell’immediato dopoguerra, delle serate danzanti a Villa Cardì al lungomare di Catania con l’orchestra dal vivo che suonava Glenn Miller o Gershwin. Ma la sorpresa era sempre dietro l’angolo e non era difficile sentire all’improvviso le note degli Eurythmicks o degli Wham, di Bob Marley o dei Queen.

“Perché la musica è tutta bella. Eccezion fatta per il rap che proprio non capisco” continuava a dirmi. Si è così fatta largo in me la convinzione che si è profondamente giovani fintanto che si è in grado di seguire l’evoluzione della musica, fintanto che ci sia la curiosità di nuovi ascolti. Quando tutto questo si affievolisce, quando resti ancorato alle canzoni del passato e ti chiudi al nuovo è come se passassi il testimone alla generazione successiva.

Quest’ultima non capirà la tua musica e tu la sua probabilmente, in un avvicendarsi antico come il mondo. Ma una cosa accomuna tutti: credo ci sia un luogo dentro ognuno di noi dove raramente si riesce ad arrivare. Un luogo che contiene le emozioni più profonde, quelle che le parole non riescono ad esprimere, che una danza non riesce a rappresentare o a cui un dipinto non può dare vita. Sono quelle emozioni ancestrali, così oscure e impronunciabili, tanto che spesso le ignoriamo o le teniamo in silenzio. Poi accade qualcosa che va oltre, qualcosa che ci accomuna alla vita di tutto l’universo: una musica, un canto ci prendono e ci aprono il cuore mettendoci a nudo. Niente più orpelli, niente corazze, niente difese. Così succede che l’anima canti quelle parole, che si elevi con quelle note, in una danza che la unisce idealmente a chi quelle parole ha scritto o quella musica ha composto. Un momento di sublime ascesi. La musica unisce e lo fa ad un livello alto, diverso da ogni forma d’arte perché nasce dalla parte più intima di ognuno di noi.

“Non finiremo mai di stupirci finché riusciremo a percepire frequenze musicali che l’anima non potrà mai tradurre.” Piero Laliscia.

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