L'informazione fuori dalle righe

Nei secoli dei secoli.

“Vita che più ti inseguo

e più mi lasci indietro.

Vita che scorri

e non perdoni.

S’affanna inutilmente

chi tenta di fermarti,

in un continuo spasimo,

pervaso di furore

ed ossessione.

Vita beffarda e indifferente

ad ogni tentativo

di sopraffarti e vincerti.

Nulla si può contro l’inesorabile”

Chissà perché siamo capaci di scrivere e dire le più fulgide parole: sentimenti infiocchettati in mille modi, forbiti o semplici che danzano su un foglio bianco.

La malattia e la morte ci fanno orrore e allora meglio non dire, non fare. Questa era ci vuole eternamente giovani, sempre sul pezzo, rampanti, brillanti nel fisico e nello spirito. Un ego nutrito come un’oca pronta a diventare paté. Paura, mi pare di capire, di sentirsi ridicoli o indifesi, impreparati o non saprei che altro. Ma si invecchia, sapete? Puoi andare al centro estetico o in palestra, correre nel parco o stare a dieta, puoi non dimostrare gli anni che hai, ma si invecchia e moriremo.  Questo “passaggio” è una rotella di un ingranaggio a cui non si sfugge.

Eppure questa ricerca ossessiva dell’eterna giovinezza o addirittura dell’immortalità ci trasforma tutti in novelli Dorian Gray concentrati in questo anelito di eternità. La scienza si prodiga in trovate sempre più ai limiti dell’etica comune, foraggiata dal magnate di turno che aspira a non si sa bene quale vita senza fine, ossessionato dall’idea di perpetrare la propria gloria nei secoli dei secoli.

Come per il dottor Frankenstein si ha la sensazione che lo scienziato perda di vista la realtà nel tentativo di sostituirsi ad una forza creatrice più grande di noi e incommensurabile. Forse ciò che ci aspetta è un essere umano sempre più edulcorato e finto? Forse resterà poco di umano per l’accezione che oggi si dà a questo termine?

“Dopo giorni e notti di un lavoro e di una fatica incredibili, riuscii a scoprire la causa della generazione e della vita; anzi, di più ancora, divenni io stesso capace di dare animazione alla materia morta.” – Mary Shelley

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