“Tutto scorre”, vecchio insegnamento filosofico che risulta quanto mai vero e attuale per la lingua. La lingua è specchio e prodotto della gente che la parla, pertanto è sottoposta ad un processo di evoluzione costante storica e sincronica. La variazione diacronica è dovuta all’evoluzione dei tempi, quella cioè che ha portato ad esempio l’indoeuropeo a mutare in latino che a sua volta si è diversificato in lingue neolatine (italiano, spagnolo, ecc.) o quella che ha portato il germanico a diventare anglo-sassone e poi Old English, Middle English e così via. Ogni lingua cambia e non esistono vocabolari o libri di grammatica che possono cristallizzarla, poiché ciò che comanda nei processi linguistici è l’uso. Se si impone nell’uso quotidiano un particolare costrutto o vocabolo, non ci sarà alcun manuale linguistico capace di estirparlo: potrà solo registrarlo e codificarlo! Gli stessi dizionari sono una fotografia della lingua in uso in quel dato momento, ma dovranno costantemente aggiornarsi se vogliono continuare ad essere mezzi linguistici efficienti. La variazione sincronica è dovuta invece al contesto comunicativo, poiché legata a fattori geografici (dialetti, regionalismi), situazionali (lingua formale o informale), sociali (ruoli, provenienza socio-culturale e quindi lingua colta, popolare, slang), strumentali (scritto o parlato). Quindi amici miei, cosa c’è di più vario e imprevedibile della lingua? Focalizzando l’attenzione sulla lingua inglese poi, la situazione diventa ancora più variegata e colorata, essendo la lingua internazionale. L’inglese ha infatti una estensione mondiale, essendoci paesi in cui si parla come lingua madre (Regno Unito, Stati Uniti d’America), paesi in cui si parla come lingua seconda (ex colonie britanniche, vedi India, Africa, ecc), paesi in cui si usa come lingua straniera (Italia, Francia, ecc). Tuttavia, ciò che rende l’inglese la lingua internazionale, non è tanto o solo l’estensione geografica o il numero dei parlanti, quanto l’estensione del suo utilizzo a tutti gli ambiti di comunicazione (università, congressi, politica, ecc) e a tutte le materie di comunicazione (medico, legale, culturale, ecc) nel mondo. Mettendo insieme tutti questi elementi viene fuori che, ancor più delle altre lingue, non può esistere un unico modello di inglese nel mondo, ma che oggigiorno esistono infinite varietà di inglese, quelle che in glottodidattica vengono chiamate “New Englishes in the world”. Le due varietà solitamente evidenziate sono l’inglese britannico e l’inglese americano: le differenze riguardano non solo la pronuncia, più aperta e “incomprensibile” in americano, ma anche i vocaboli, vedi ad esempio holiday (i.b.) e vacation (i.a.), post (i.b) e mail (i.a.)e i costrutti grammaticali ad esempio il costrutto britannico want to che in americano diventa wanna, o l’uso americano di get nei costrutti passivi in luogo di be. Accanto a queste due grandi varietà però come dicevo, si sono accostate tante altre varietà come l’inglese giamaicano, australiano, o l’inglese come lingua franca che è una varietà semplificata di inglese parlata da stranieri (non inglesi) che interagiscono per motivi commerciali, ad esempio.

Tutto quanto appena esposto è però il frutto di decenni di riflessioni linguistiche che hanno dovuto arrendersi allo spadroneggiare dell’uso. All’inizio del Novecento infatti Daniel Jones aveva provato a codificare una lingua inglese standard che dovesse essere utilizzata da tutti, una lingua che non aveva una connotazione geografica bensì socio-culturale, essendo l’inglese parlato dalla classe medio alta e colta, a cui lui stesso apparteneva. Coniò così la RP ( Received Pronunciation) che fu adottata anche dalla Royal Family e dalla BBC, imponendo a tutti gli speaker radiofonici e televisivi di parlare quel modello; fu anche importato in tutti i paesi in cui si studiava come lingua straniera. Solo successivamente ci si rese conto che era impossibile cristallizzare la lingua, perché mentre nei contesti ufficiali si parlava quel modello, la gente nella quotidianità parlava altro! E quindi gradualmente ci si aprì alle varietà linguistiche anche nei contesti ufficiali. Arrivati a questo punto, la domanda nasce spontanea. “Quale” inglese devo studiare, quando mi accosto allo studio della lingua straniera? L’inglese che studiamo nei contesti scolastici è un inglese standard che si origina da quello parlato a Londra (quindi ha origini nella RP di Jones) ma che si apre costantemente ad aggiornamenti ed integrazioni con modi dire, espressioni  colloquiali, idiomi, il cosiddetto “Everyday English”. Chi si accosta allo studio dell’inglese deve dunque farlo con la consapevolezza che sta studiando un modello base, ma che interagendo in situazioni reali e autentiche, potrebbe trovarsi davanti ad una lingua “diversa”!