Quanta miseria,

quanta pochezza d’animo…

Potremmo raggiungere l’infinito

e invece scendiamo giù

nella più profonda oscurità.

Siamo bravi in questo, universalmente ineguagliabili…

Quanto è alto il prezzo da pagare per rimanere fedeli a sé stessi.

Quanta lotta dentro,

quante ferite.

Ferite inferte all’altro che non comprende il tuo modo d’agire ed il tuo “no”.

Scendere a patti con se stessi o restare saldi? L’uno ti appaga, l’altro ti conduce forse ad una insanabile solitudine, ad una malinconia latente che diverranno compagne di vita. Nei sentieri della vita mille e mille volte saremo posti davanti a dubbi e scelte e spesso sposteremo, consapevoli o meno, l’asticella del lecito, di ciò che scalfirà, ora in superficie ora nel profondo, quella integrità che dovrebbe essere il motore di ogni nostra azione.

Ogni scelta troverà una giustificazione fino a non porsi più neanche la domanda e a proseguire il nostro cammino spiritualmente apatici. Dostoevskij scrisse nel suo “Delitto e castigo”: “Le piccole cose hanno la loro importanza: è sempre per le piccole cose che ci si perde. A tutto si abitua quel vigliacco che è l’uomo.”

L’insano desiderio di soddisfare se stessi, anche a scapito della propria integrità, calpestando impunemente tutto e tutti, scendere a patti svendendo la propria anima, irrimediabilmente innamorati di un unico essere.

“Ci sono princìpi che non ammettono compromessi e per la cui pratica occorre essere pronti a sacrificare anche la vita.” diceva Gandhi.

Il nodo da sciogliere dunque è forse questo: scendere a patti sì con se stessi ma per non svendersi mai davanti alle facili lusinghe.

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