Può far venire fame un’opera d’arte? O quanto sgomento si potrebbe provare trovando del cibo nel “posto sbagliato”? L’utilizzo del cibo, dipinto, modellato o reale, ha ispirato alcuni artisti che ne hanno fatto un personale strumento creativo. Un salto indietro al periodo manierista, per ammirare le opere sorprendenti di Giuseppe Arcimboldo, noto soprattutto per le “Teste Composte”. Autentici ritratti bizzarri realizzati come fossero delle “nature morte”, con frutta, verdura, pesci e oggetti vari. La sua arte sfrutta il principio dell’illusione pareidolitica per cui la disposizione casuale o disordinata (oppure no) di alcuni elementi, porta la mente, istintivamente e automaticamente, a mettere ordine trovando assonanza in immagini familiari come volti e figure umane. La sua pittura è intrisa di un simbolismo nascosto che incuriosisce, ma con l’intento di destabilizzare. L’artista statunitense della pop art Claes Oldenburg è noto per le sue gigantesche istallazioni, raffiguranti oggetti o alimenti di uso comune (torsoli di mela, coni gelato o ciliegie), opere considerate una critica sprezzante e ironica nei confronti della società consumista e lo spreco del cibo. Un esempio è il cono gelato lungo 12 metri e con un diametro di 6 metri, che l’artista ha collocato come fosse “caduto dal cielo” sul tetto della Neumarkt Galerie di Colonia, attirando così l’attenzione dei passanti. Un retrogusto dolce ma amaro è intriso nell’installazione “Untitled” (Potrait of Ross in L.A), del ’91. Si tratta di un’opera di Felix Gonzales Torres, artista cubano, che ci presenta apparentemente un semplice mucchio di caramelle in un angolo di una stanza, invitando gli spettatori a portare via le caramelle una per volta. L’opera, concettualmente, narra di una storia d’amore finita tragicamente. Il peso delle caramelle (80 kg) è quello del compagno dell’artista morto di AIDS quindi l’azione del sottrarle rappresenta, metaforicamente, la perdita materiale del suo corpo consumato dalla malattia e la volontà di condividere il “piacere” della loro intimità con il pubblico che gusterà la caramella. Piero Manzoni in uno dei suoi “Achrome” (quadri senza colore) del 1962, immerge e pietrifica nel caolino sei rosette di pane. In questo modo il pane perde la peculiarità di essere commestibile ma diventa testimonianza concreta e immortale del gesto dell’artista. Come lui stesso dichiarerà: “(…) Non mi interessa che la mia arte sia bella o brutta, mi interessa solo che sia vera. Qui ho tentato di creare un oggetto che catturi la luce, un oggetto privo di colore che si apra a ciò che è puro ed eterno. (…)”. La grande piramide alimentare, è un’installazione del 2015 realizzata dall’artista ligure Paola Nizzoli Desiderato. Si tratta di una grande piramide con una base di quattro metri e alta 3 metri, fatta di specchi e di perspex che si sviluppa su cinque piani. Rappresenta tutto quello che c’è da sapere nutrizionalmente sul cibo. I vari alimenti sono modellati dall’artista, con una realisticità incredibile, in ceroplastica e inseriti in “un percorso dove il figurativo prova a sposare, anche in modo ironico, il concettuale”.

Arcimboldo, L’Ortolano, 1587-1590
Arcimboldo, L’Ortolano, 1587-1590 (capovolto)
Claes Oldenburg, “Dropped Cone”,Colonia, 2001
Claes Oldenburg, Apple core, 1992
Felix Gonzalez-Torres, UntitUntitled (Portrait of Ross in L.A.), 1991.
Piero Mazoni, Achrome, 1962
Paola Nizzoli piramide alimentare, 2015
Paola Nizzoli piramide alimentare, 2015


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