Effimera e improvvisa
schiudi occhi che mai videro.
Gioia ignota fin quasi al turbamento scuoti l’animo e le membra.
La mente vuota lascia che gli occhi colgano
e che l’anima si riempia.
Così le più impercettibili creature trovano finalmente luce.
E colori
e suoni
e sfumature
travolgono e riempiono
i tuoi vuoti.
Un canto che soltanto tu puoi udire.
Quel momento in cui estatico ti fermi ad osservare Bellezza e scopri che già la conservavi dentro.

Qualche anno fa visitando il Salone dei Cinquecento a Firenze mi ritrovai travolta da un’emozione mai provata prima: tale era la bellezza profusa in quella sala che ne fui sopraffatta.
Le lacrime scendevano e un senso di disorientamento mi avevano pervaso. Sì, proprio una bella crisi di sindrome di Stendhal. Mi resi conto in quel momento d’essere l’unica fra i tanti visitatori a provare tutto questo. La Bellezza è dunque qualcosa di oggettivo oppure è qualcosa che viviamo in modo personalissimo ed univoco? Forse sono vere entrambe le affermazioni: ci sono cose al mondo che sono universalmente riconosciute come espressione di bellezza.
E ci sono cose che sfiorano le corde dell’anima di un singolo uomo già predisposto a questo.
Da Platone ad Aristotele, da Plotino a Kant la bellezza è stata analizzata, catalogata, definita.
Io personalmente mi ritrovo nelle parole di Khalil Gibran che ne “Il profeta” scrive:
“La bellezza è la vita, quando la vita disvela il suo volto sacro. Ma voi siete la vita e siete il velo.
La bellezza è l’eternità che si contempla in uno specchio: e voi siete l’eternità e siete lo specchio. “


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