Quando parliamo di bellezza in arte il concetto appare dilatato e i confini di ciò che si definisce “bello” sono spesso legati a fattori culturali, storici e personali che ne determinano l’apprezzamento o il rifiuto sociale. Ma, esistono delle opere oggettivamente “immortali”, che hanno trovato e troveranno sempre un posto fra le opere più belle al mondo. Chi non si è imbattuto nel corpo statuario della Venere dipinta da Botticelli senza rimanere a contemplarlo? Lei è la Dea dell’amore e della bellezza, nata dalla spuma del mare. La morbidezza delle curve, l’incarnato giovane e la sensualità dei capelli con cui copre le nudità in quel gesto di pudicizia che lascia allo spettatore tutto da immaginare. I riflessi di luce sono ottenuti tramite l’applicazione di oro e nello sguardo c’è quella vena leggermente malinconica, ma serena, tipica dell’artista che fa de “La Nascita di Venere” l’idea di perfetta bellezza femminile nell’arte. L’ideale maschile di bellezza e virilità è incarnato invece dal David di Michelangelo. La scultura di marmo ritrae l’eroe biblico nudo nel momento in cui si appresta ad affrontare Golia. Non fu semplice scolpire questo “gigante”, 5 metri per un peso di oltre 5 quintali, perché il blocco era già stato sgrossato rozzamente da altri due scultori e inoltre la qualità del marmo non era tra le migliori a causa della sua fragilità per la presenza di fori e fenditure. Michelangelo decise di affrontare la sfida in riservatezza facendo costruire un recinto di tavole per evitare gli sguardi indiscreti. Agli occhi degli spettatori fu presentato l’eroe biblico dai muscoli poderosi, con il volto concentrato verso il nemico, lo sguardo fiero, le sopracciglia aggrottate e gli occhi penetranti. Un aneddoto racconta che Pier Soderini, gonfaloniere di Firenze, fu chiamato per primo a visionare la scultura ma disse: “Mah, bella è bella… però, quel naso… non l’avrai fatto troppo grande?” Michelangelo quindi raccolse da terra un po’ di polvere di marmo, salì e fece finta di dare qualche colpetto al naso, facendo cadere la polvere dall’alto. “Così va bene?” gli chiese dopo aver finito. “Ah sì così è proprio perfetto!” Escludendo tutte quelle vendute nei negozi di souvenir, esistono ben sedici copie in scala reale di questa straordinaria scultura. A Parigi un’altra opera rappresenta un’icona d’indiscussa bellezza e mistero: la Gioconda, una donna dal sorriso impercettibile che appare sfuggente, enigmatico e sensuale. Esposto al museo del Louvre, si tratta di un dipinto a olio su tavola di legno di ridotte dimensioni, protetto da un vetro speciale che l’ha preservato anche dal lancio di una tazza di una visitatrice russa nel 2009 e da un pezzo di torta nel 2022. Chi è la donna ritratta? Non è del tutto chiaro perché le ipotesi coinvolgono varie nobildonne italiane, un allievo di Leonardo e lo stesso Leonardo che può essersi fatto un autoritratto “al femminile”. L’ipotesi più accreditata resta quella legata al ritratto di Monna Lisa del Giocondo, moglie di un commerciante di seta fiorentino. Il pittore portò sempre con sé l’opera fino alla sua ultima dimora ad Amboise, continuò a ritoccarla per altri 10 anni e la vendette poco prima di morire. Scrisse Charles de Tolnay nel 1951: “Prima di lui, nei ritratti manca il mistero; gli artisti non hanno raffigurato che forme esteriori senza l’anima o, quando hanno caratterizzato l’anima stessa, essa cercava di giungere allo spettatore mediante gesti, oggetti simbolici, scritte. Solo nella Gioconda emana un enigma: l’anima è presente ma inaccessibile”.

Sandro Botticelli, Nascita di Venere, 1485
Michelangelo Buonarroti, David, 1501
Leonardo da Vinci, la Gioconda, 1503

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