La nascita della vita, per tutti gli esseri viventi, è un affascinante percorso che si conclude quasi sempre con successo. Per alcune specie è molto semplice, per altre risulta più impegnativo con molti ostacoli da superare che possono portare ad una sconfitta. In tutto il mondo il 16 giugno si celebra la Giornata mondiale delle tartarughe marine, giorno in cui ricorre la nascita di Archie Carr (1909-1987) che dedicò la vita allo studio e alla conservazione delle tartarughe marine e di altre specie in pericolo.
Questi animali trascorrono gran parte della loro vita solitari in mare aperto per poi riunirsi in gruppi, vicino alla costa, durante il periodo riproduttivo. Sono specie poliandriche, vale a dire una femmina si accoppia con diversi maschi che competono tra loro. Dopo l’accoppiamento, che normalmente avviene di notte, la femmina raggiunge la spiaggia dove era nata. Qui individua una zona riparata, scava una buca e depone decine di uova, fino a 200, di consistenza cuoiosa simili a palline da pingpong. Successivamente le ricopre con molta cura e ritorna in mare. La scelta del sito dipende da diversi fattori quali il campo magnetico, la direzione delle onde e le caratteristiche fisico-chimiche delle spiagge e delle acque vicine. Dopo la deposizione delle uova sembra che le tartarughe piangano, in realtà è solo un meccanismo naturale che, grazie ad una specifica ghiandola situata ai lati degli occhi, li mantiene umidi ed elimina il sale in eccesso. Dopo l’incubazione, di circa 44-60 giorni, nasceranno tutte insieme le piccole tartarughine. La determinazione del loro sesso viene influenzata dalla temperatura, infatti, dalle uova deposte negli strati più superficiali a temperature più alte, nasceranno le femmine, mentre quelle situate negli strati più profondi a temperature più basse, daranno vita ai maschi. Allo stadio adulto si riconosceranno facilmente perché le prime hanno una coda corta, mentre i secondi presentano la coda più lunga che contiene l’organo copulatore. L’uscita dal guscio dura dai due ai sette giorni, necessari per scavare la sabbia che ricopre il nido e raggiungere la superficie, poi verso sera si dirigono verso mare, attratte dal riflesso dalla luce delle stelle. Purtroppo, la presenza di luci artificiali le disorienta, facendo deviare il loro cammino con la perdita di numerosi individui. Inoltre, la forte antropizzazione, l’inquinamento, la cementificazione e il degrado delle coste hanno portato ad una riduzione dei siti di nidificazione. Così solo una piccola parte delle tartarughine riesce nell’impresa e di quelle che prenderanno il largo poche sopravvivranno sino all’età adulta. In mare aperto, la loro sopravvivenza è ulteriormente minacciata dall’eccessiva presenza di macro e microplastiche, dall’aumento della temperatura superficiale delle acque e dalla pesca accidentale. Per fortuna le tartarughe marine rientrano nella Lista Rossa della IUCN(Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) tra le specie a rischio estinzione. Esistono diverse leggi a carattere nazionale ed internazionale che mirano alla loro tutela, per questo dichiarate specie protette, è vietata la loro uccisione, il commercio, il disturbo durante i periodi di migrazione e riproduzione così come la protezione dei nidi.
Foto di Alessia Condorelli
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Sono Alessia, laureata in Scienze Biologiche indirizzo Biologia Marina presso l’Università degli Studi di Catania e da sempre affascinata dall’ambiente marino. Crescendo è diventato parte fondamentale della mia vita come le immersioni subacquee che mi hanno permesso di ammirare dal vivo le meraviglie che popolano questo mondo. Purtroppo oggi questo ambiente è fortemente minacciato da noi stessi, da qui l’idea di trasmettere una maggiore conoscenza del “Pianeta Blu” che ci permetta di viverlo e rispettarlo con maggiore coscienza.