Nove anni di studi artistici, Istituto d’arte prima e Accademia di Belle Arti poi, perché “Mi piacerebbe insegnare disegno nelle scuole” diceva quella studentessa ingenua “non vedo l’ora di terminare gli studi e iniziare a lavorare, essere indipendente e conquistare il mio posto nel mondo” ripeteva l’ingenua di prima… e come ha corso per terminarli questi studi! Una bella tesi su Antonio Sanfilippo, redatta grazie a un’intervista alla figlia dell’artista che, mentre riceveva una copia del testo, le diceva:” Che bella, le hai dato un originale taglio giornalistico”. E poi? Ma come “e poi”? Che domanda! La nostra pupilla aveva tutta la vita davanti. Vento in poppa, bellezza! Adesso, svariati anni dopo, vogliamo aprire il sipario sullo scenario professionale nel quale si muove la nostra eroina? Avete presente quegli uffici piuttosto grandi, pieni di persone che vanno e vengono, in un continuo riciclo di umanità ingaggiata con le più svariate tipologie contrattuali? Contratti a termine, a progetto, di collaborazione, interinale? Ambienti (racconta la leggenda) giovani, dinamici, stimolanti e preferibilmente allocati in enormi ambienti unici? Vedete quel puntino laggiù, sì, la donna con la collana strana e i capelli corti. Non la riconoscete? È proprio la nostra eroina. Ma non doveva insegnare? Eh! Doveva, ma poi l’Italia ha iniziato a non fare più figli, il lavoro a scarseggiare, le hanno offerto un contratto a tempo indeterminato come team leader in un importante call center (avete notato come in inglese le professioni assumano subito quell’ aurea magica intrisa di successo? Che cosa bislacca) e con uno stipendio di tutto rispetto, che doveva fare? Ci si è buttata a pesce “ È un inizio, ma appena posso me ne vado”, così aveva detto mentre incredula firmava un contratto “vero”. Sono passati quasi venticinque anni da allora e la nostra protagonista è ancora lì. Farei meglio a dire: “Sono ancora lì”, sì, perché quella sono proprio io. Lo confesso. “Mamma mia che frustrazione”, direte voi e invece, dentro quegli enormi scatoloni fatti di inglesismi e lavoratori che vanno e vengono, c’è un sottobosco di gente interessante e “insospettabile” che, dietro la maschera del lavoratore dagli incarichi noiosi e ripetitivi, nasconde un artista che non ha mai mollato. Musicisti, attori di teatro, cantanti lirici, pittori, scultori, scrittori…beh tra quelli che scrivono e dipingono ci sono anche io, con due libri al mio attivo e quadri sparsi qua e là. Non è raro che qualche collega inauguri una propria mostra fotografica o di pittura, che qualcuno ottenga una bella parte e altri vadano a suonare o cantare in teatri importanti. Qualcuno è riuscito a coniugare il lavoro con la propria passione, altri hanno dovuto operare una scelta e sono volati via, ma nessuno ha mai rinunciato al suo grande amore, a quella passione che lo rende vivo, che gli fa battere il cuore e alzare la mattina. Ognuna di queste persone, mentre fornisce assistenza telefonica a clienti indemoniati per un disservizio tecnico o per qualche altra disgrazia tecnico economica, alla fine della giornata si toglie la maschera, fa prendere aria al cuore e vola libero verso il proprio mondo, consapevole di essere fortunato ad avere un lavoro che gli fornisce i mezzi per coltivare le proprie passioni e poi un domani…chissà. Probabilmente vi capiterà di chiamare un numero verde, beh, adesso sapete che dietro quell’assistente col volto semi nascosto da cuffie e microfono, probabilmente si cela una ballerina, uno scrittore, un fotografo appassionato, una drag queen (e pure brava!) in una parola: una passione che ha trovato la sua strada sempre e comunque. La morale? Non lasciate mai che timbrare un cartellino vi fermi il cuore. Io ci sono riuscita, quindi…

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