Un giorno viaggerò,

in lungo e in largo;

vagherò per questo pazzo mondo

gustandomi ogni angolo di strada,

mi nutrirò di profumi

e di sapori sconosciuti,

camminerò lenta

nella notte frizzantina

di una vecchia città

del nord Europa.

Non avrò paura d’esser sola

su una spiaggia

al calare del sole

in qualche esotico isolotto.

Volerò fra i grattacieli,

correrò sopra quel treno

fingendo d’essere

in quel famoso libro giallo.

Un giorno saprò avere radici

tanto solide da spingermi

a partire certa di avere

un posto a cui tornare.

Potrò andare ovunque

senza mai sentire dentro

quella vaga insicurezza

solo per essere una donna.

Sento già

fresca e pungente

l’aria umida

di un mattino settembrino

mentre faccio colazione

in un romantico bistrot.

E ci sarà la musica

tanta tanta musica.

Ci saranno fiori e piante,

i miei inseparabili quaderni

per poter scrivere pensieri.

E colori, tanti, magnifici amici

che danzano allegri.

Allora sì saprò finalmente

che esser donna

non è un peso in più

da portare sulle spalle,

ma uno stato come un altro.

Ah ma… forse sarà così perché

sarò già Altrove.

Ho già trattato altre volte questo argomento così delicato, così vischioso da sgusciare via dalle mani, dalle classificazioni che si tende a dargli. Oggi lo chiamiamo disuguaglianza di genere ma poco importa il nome dato, importa quanto sia incombente, pesante, determinante nella vita di ogni donna.

Un argomento che si snoda fra le pieghe del nostro quotidiano in modo sinuoso, silente, che ti porta a costruire il tuo sé condizionata da mille impercettibili “questo sì, questo no” e che si perde nella notte dei tempi, ancestrale dono di un DNA che non perdona.

Si rischia di scrivere banalità e di arrivare solo ad un pubblico femminile e purtroppo neanche nella sua totalità. Certi meccanismi, certe dinamiche che scandiscono le nostre vite, risentono di retaggi tanto antichi quanto invisibili. Non mi riferisco ovviamente alle azioni più plateali che spesso ahimè sfociano nella violenza, sia essa psicologica o fisica: queste ultime sono l’approdo a cui sempre più spesso si arriva dopo aver navigato in acque agitate. Parlo invece di quei “giochetti” subdoli che tutti mettiamo in atto inconsapevolmente quando ad esempio giudichiamo una giornalista per il suo modo di vestire o perché non è truccata. Quando chiamiamo un tecnico per un guasto in casa e compare quel sorrisetto sui loro volti quando si trovano ad interagire con una donna. Quando evitiamo una strada isolata o buia, quando evitiamo di far capire quanto ne sappiamo più del lui di turno, quando restiamo consapevolmente un passo indietro per non innescare battutine o discussioni. Quando accettiamo d’essere retribuite meno di un uomo a parità di competenze e ruoli ricoperti o di dover giustificare o ancora peggio nascondere una gravidanza.

Evitiamo, evitiamo, evitiamo…

A volte tutto questo dà il via ad un percorso senza ritorno perché può capitare che il tuo interlocutore sia fragile oltre misura oppure sia insicuro, sia gretto. In questi casi si sale di livello, tutto si trasforma in guerra e poi nel tuo silenzio, in colpi che feriscono corpo e anima. Troppo spesso si preferisce tacere, spesso ad abbandonarti sono le altre donne implacabili giudici della tua presunta debolezza.

Da donna mi sentirò meglio quando non verrà più definito femminicidio ma omicidio, quando non ci sarà più bisogno di stabilire delle “quote rosa”, quando il tuo compagno non laverà i piatti per aiutare te ma perché va fatto a prescindere.

Quando avrò le stesse possibilità professionali e dunque economiche di un uomo. Quando potrò camminare sola per strada senza paura, quando non ci si aspetterà da me più di quello che ci si aspetta da un uomo. Sarò contenta quando potrò dimostrare quanto sono forte davanti alle tempeste della vita molto più di tanti uomini.

Disse saggiamente Simone Weil:

“L’uguaglianza è una necessità vitale dell’animo umano. A tutti gli esseri umani bisogna dare la stessa quantità di rispetto e di attenzione, perché il rispetto non ha misura”.

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